IL CATALOGO
Il Milione di Marco Polo
testi | Renata Pisu - Mario Mantelli - foto | Enzo Bruno
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1 / Logos-Wen
S e non avessi incontrato Mario Fallini, forse questi pensieri mi sarebbero rimasti dentro inespressi: meno che pensieri, intuizioni, spunti per il pensiero. Ma cosa sono i pensieri inespressi, esistono o no? Io penso che esistano, abbiano una propria indicibile esistenza, non materializzata dal flatus vocis, non fissata con segni sulla carta. Ma può un pensiero non essere detto, non essere scritto? Ti è sorto dentro e lo vorresti trattenere, ma lui vuole uscire. Si ingaggia una lotta. Il pensiero tenta allora di conformarsi come immagine astratta, non disegnata, non raccontata. E a volte questo tipo di immagine generata da un pensiero genera ancora un pensiero, sempre indicibile, che si compone in un’altra immagine. Una catena di intuizioni, di pensieri muti ma felici che si saldano anello per anello in un discorso senza parole. Io vengo dalla Cina, nel senso che sono ormai lunghi anni che mi occupo di fatti e pensieri, soprattutto di pensieri, che laggiù hanno origine. E sono proprio questi pensieri “altri” che fatico a esprimere. Vengo e vado, dall’Italia alla Cina, portandomi appresso tanti pensieri che vorrei trasmettere, ma sempre fallisco, al massimo li comunico con vaghezza. Senza contorni. Per esempio, “parlare senza parole” è un pensiero cinese. Le parole si susseguono, si versano come l’acqua da un vaso, si generano l’una con l’altra all’infinito senza che vi sia un’origine e un limite, in una eguaglianza naturale. Questo l’ideale dei taoisti. Ma parole dette o parole scritte? Ed è proprio vero che prima si dice e poi si scrive? Così è successo per Il Milione. Marco Polo diceva, raccontava, e Rustichello scriveva. E' successo che, parlando con Mario Fallini di questa sua eroica copiatura amanuense delle parole scritte de Il Milione, di questa lunga striscia ininterrotta di segni che sono parole e che si avviluppano in immagini, uno dei pensieri inespressi che da tempo mi abitano ha preso corpo. Si è conformato come punto interrogativo: il λóγος dei greci e il dei cinesi, come conciliarli?
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2 / Parole in forma di Viaggio
M ario Fallini, tra le sue varie tecniche d’espressione, disegna con le parole. Con le parole scritte di romanzi e narrazioni delinea le figure dei personaggi e delle cose che vi compaiono. Si tratta di calligrammi, anche se, usando questo termine, il pensiero corre subito alla classica poesia a forma di coppa o di calice, che disegna questo oggetto colmandone l’ideale profilo con le parole o, meglio, facendolo scaturire dalla disposizione delle parole stesse (tipo di composizione già in uso durante l’ellenismo, più propriamente definito technopaegnion). Per le figure di Fallini, ispirate a modelli entrati in uso nel Cinquecento, è leggermente diverso: tracciate su grandi dimensioni sembrano a prima vista disegni “al tratto”, di quelli cari agli stampatori perché non hanno chiaroscuri difficili da calibrare, ma sono composte da pure linee. Solo che in questo caso, appena ci accostiamo, scopriamo che la linea è composta di parole e che, per esempio, il disegno di Rustichello (presente in mostra) è delineato dalle parole dell’inizio de Il Milione. Avvicinandoci a questi calligrammi di Fallini è come se facessimo una scoperta; la sorpresa, se già non sappiamo di che cosa si tratta, è forte, come se scorgessimo, anziché parole, una linea di formiche che vanno avanti e indietro e animano la figura. Bisognerà pertanto tener conto di tale effetto di meraviglia esaminando le opere letterarie scelte per questo tipo di disegni-trascrizioni. La meraviglia sembra essere la strada imboccata in queste opere da Fallini, a tre diversi stadi. Il primo è costituito dal “miracolo” stesso della scrittura, l’operazione magica che ci permette materialmente di trasferire nei prati bianchi della carta il seme nero di una realtà che attende solo il lettore per prendere vita.
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