"Is de cuius hereditate agitur" ovvero "della cui eredità si tratta", ellissi della locuzione latina usata in termini giuridici e burocratici ad indicare il defunto che ha lasciato una eredità. Nel caso di quest'opera il defunto è un serpente, appare infatti solo lo scheletro del rettile e la sua eredità è la pelle che riveste la cornice entro la quale si trova. L'opera è riconducibile alla serie del bestiario di Fallini, in questo caso una riflessione satirica su ciò che si lascia dopo la morte. Nella seconda versione la cornice scompare e la pelle si trova accanto all'animale scuoiato. La pelle è cambiata ma il serpente è ancora scheletro, una sorta di monito un po' cinico, a rammentare l'ineluttabilità della morte e la pochezza di ciò che si lascia in eredità ai vivi. Una riflessione su ciò che resta dopo la morte di un individuo, ma sopra ogni cosa l'idea che la morte non è addomesticabile, resta un animale pericoloso. Il serpente, se pure scheletrito, ci minaccia continuamente ed è sempre, e da sempre, un nemico.
Camilla Bertolino |
|