"Su di una figurina "d'antan" piegata dallo sforzo grava il peso del mondo. Si tratta di Iante, il figlio di Atlante, anche quest'ultimo a propria volta, condannato da Zeus a portare sulla propria schiena l'universo. L'opera offre una riflessione sul rapporto col padre, quasi una citazione di strindberghiana memoria ( i figli sono destinati a portare le colpe dei genitori ). Una silhouette di bambino il cui corpo è costituito di carte geografiche, reca sulla schiena un mondo sorretto da un nastrino rosso. Il giovane è un apprendista e sta vivendo una sorta di iniziazione in cui il padre appoggia sulle spalle del figlio il peso gravoso. Potrebbe essere una evoluzione ( o involuzione ) di "il figlio di Crono" ( in cui il figlio uccide il genitore ) o una rivisitazione della storia di Edipo. Ricordando che gli antichi consideravano la terra o un disco o una sfera, in base a opposte interpretazioni, qui ci troviamo di fronte ad un mondo sferico e al contempo bidimensionale. Il fanciullo il cui corpo è fatto di terra e acqua ha già assorbito il peso che gli grava addosso, ed è un tuttuno con la propria opprimente responsabilità.
Camilla Bertolino |
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